Esistono delle città, come Samarcanda, che sono leggenda e mistero. Città il cui mito ha segnato l’immaginario collettivo per secoli e che, ancora oggi, esercitano un misto di fascino e soggezione.

Samarcanda

Circondata dalla steppa dell’Asia Centrale e da fertili campi di cotone, Samarcanda, seconda città dell’Uzbekistan, deve la sua aura immortale alle gesta di uno dei più grandi e terrificanti conquistatori della storia dell’umanità: Tamerlano.

SamarcandaTamerlano fece della città il fulcro dei commerci tra Oriente ed Occidente a partire dal XIV secolo lungo la Via della Seta; prima di allora, Samarcanda è passata da un impero all’altro – turchi, persiani, arabi, mongoli – fin quando Gengis Kahn non la distrusse nel 1220.

È grazie a Tamerlano, e a quel delicato e pregiato tessuto che ha fatto la fortuna di tanti mercanti europei che hanno avuto il coraggio di spingersi così lontano, che Samarcanda ha potuto forgiarsi dell’epiteto di luogo leggendario, al pari di Atlantide o di Thule.

Oggi Samarcanda è divisa in tre parti: la disabitata collina di Afrasiab, che corrisponde al nucleo originario della città che venne distrutto da Gengis Kahn,  la parte medievale costruita da Tamerlano che la eresse a capitale del suo impero e, infine, la parte moderna che risente ancora dell’influenza sovietica.

Samarcanda

È la zona medievale, dichiarata Patrimonio Mondiale dell’Umanità dall’Unesco,  a richiamare i turisti da tutto il mondo con la sua atmosfera da Mille e una notte, con i suoi forti profumi di una quantità indescrivibile di spezie e con le sue cupole azzurre che si stagliano in cielo in contrasto con i monti del Tajikistan sullo sfondo.

SamarcandaLa piazza Registan con le sue tre maestose madrasse, la moschea di Bibi Khanum, la necropoli di Shah-Zindeh e la tomba di Tamerlano rappresentano ciò che Catherine Poujol ha definito ”l’illustrazione vivente di un racconto orientale” , la prova tangibile di un Islam grandioso, armonico ed esteticamente assoluto.

Già alle prime luci dell’alba le strade vengono invase dal profumo esotico del pane cotto nei forni del mercato Siab, antico quanto la Via della Seta e particolarmente apprezzato dai turisti. Secondo una leggenda, Tamerlano volle mangiarne durante una spedizione di conquista, ma il sapore non era lo stesso. Il cuoco si giustificò dicendo che mancava un ingrediente fondamentale: l’aria di Samarcanda.

Ma Samarcanda è anche una città moderna e vivace che, sull’onda di una rinata spinta nazionalistica uzbeka, sta cercando di porsi al pari con i tempi ed affrancarsi, una volta per tutte, da Lenin.  Il viale pedonale (Viale dell’Indipendenza, appunto) è un susseguirsi di negozi occidentali, internet point e capitalismo edilizio.

C’è qualcosa, però, che non si può cancellare: il peso del passato. A Samarcanda non si può non avvertire la presenza di coloro che hanno reso leggendaria questa città e, chissà, durante le notti invernali, sentire le grida di conquista di Tamerlano trasportate dal vento che soffia dalle gelide montagne.

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