E’ passato un po’ di tempo dal mio Erasmus a Murcia e dall’ultima volta che ho visitato quella che è diventata la mia seconda città natale, eppure ogni ricordo è ben custodito nella mia memoria, completo di suoni, profumi, immagini e sensazioni.
Chiudo gli occhi e ripercorro la strada che, ogni giorno, mi portava da casa all’università e viceversa. Riesco ancora a vedere i dettagli; sono vive le emozioni che provavo sull’aereo da Roma Ciampino a Valencia, e nitide le immagini dei paesaggi che osservavo attraverso i finestrini del bus da Valencia alla estacion de autobuses di Murcia, passando per Alicante e poi per Elche.
Dalla stazione dei bus, camminando per pochi metri lungo calle San Anton, giungevo a casa dove ad attendermi c’erano i miei coinquilini spagnoli: Jesus, Cande ed Elia.
Sono partita senza sapere nulla di quella città di circa 400.000 abitanti capoluogo nella omonima Comunidad Autonoma, al sud della Spagna, tra la Comunidad Valenciana e l’Andalucia, ma dal giorno del mio arrivo e per tutti i 7 mesi successivi Murcia non ha mai smesso di incuriosirmi e di stupirmi.
La prima cosa a sorprendermi è stato il clima: durante tutta la mia permanenza non ho mai avuto bisogno di cappotto, guanti o sciarpa. Il piacevole e precoce tepore mi ha permesso di fare il primo bagno della stagione a fine marzo nel Mar Menor, una sorta di laguna a sud della regione, un piccolo “mare” separato dal Mar Mediterraneo da un istmo di roccia, sabbia e terra lungo circa 22 km e chiamato “la Manga del Mar Menor”.
Nei ricordi riesco a contare ancora il numero di passi necessari per attraversare il piccolo parco al lato di calle Isaac Albéniz, le colorate bancarelle “de los hippies” e la meravigliosa Plaza de Santo Domingo dominata da un centenario ficus e circondata da settecenteschi edifici in stile barocco, a cui si alternano numerosi bar, ristoranti tipici e “tiendas” di costumi e oggetti della tradizione spagnola; ancora pochi passi e raggiungo il duecentesco edificio dell’università La Merced, nel casco antiguo della città, a pochi metri dalla imponente Catedral de Santa Marìa realizzata in stile tardo-barocco; poco distante, il Teatro Romea, il Museo Arqueologico e il Real casino de Murcia con le sue diverse architetture si fanno notare tra gli edifici residenziali. Calato il sole, Murcia mi invita ad osservare questi stessi edifici e rivivere le annesse piazze sotto la diversa luce della movida notturna, nelle decine di locali che si alternano alle maestose architetture.
Conservo ancora una scatola di ricordi della mia esperienza Erasmus. All’interno, tra i vari oggetti, c’è un pennello sporco di pittura azzurra, trovato e raccolto a Cabezo de Torres, un piccolo paesino situato a pochi chilometri da Murcia e famoso per le sfilate di Carnevale. E’ uno dei tanti pennelli mediante i quali ha preso forma l’incredibile scenario che fa da sfondo al “pueblo”: El monte azul, un rilievo roccioso di modeste dimensioni completamente pitturato di azzurro dal singolare pittore locale Diego Lòpez, noto come “el Profeta”.
Rovisto nella scatola: trovo oggetti e locandine che riportano la mia mente a rivivere l’atmosfera mistica delle suggestive processioni che caratterizzano la Semana Santa. Murcia, però, “costringe” a continuare i festeggiamenti per una ulteriore settimana con las Fiestas de Primavera. Rovisto ancora e trovo il vestito da huertano, comprato per adeguarmi allo stile del folle Bando de la Huerta, la più importante festa di piazza murciana durante la quale, il martedì dopo Pasqua, tutta la popolazione indossa il tradizionale costume da contadino e la città si riempie di barracas, piccoli chioschetti in cui è possibile degustare prodotti tipici e bere la locale birra Estrella Levante.
Un’esplosione di colori, allegria e divertimento che raggiunge il culmine durante la festa conclusiva: l’Entierro de la Sardina (il funerale della Sardina). Il nome non è di certo un caso: dopo una lunga sfilata, una enorme sardina in cartapesta dell’altezza di un palazzo di 5 piani viene bruciata, mentre tutt’intorno è un susseguirsi di coinvolgenti spettacoli, fuochi pirotecnici e musica. Ben conservate, nella scatola, ci sono ancora le mie scarpine da flamenco, rosse a pois bianchi, che mi riportano alle serate trascorse in palestra a seguire le lezioni di flamenco y sevillanas.
Il mio iniziale scetticismo nei confronti di Murcia si è tramutato in una precoce nostalgia esplosa sin dall’ultimo giorno di questa esperienza Erasmus. Chiudo ancora una volta gli occhi ed attraverso con l’immaginazione il ponte sul Rìo Segura; mi volto verso sinistra e osservo il mulino che ospita il museo “hidraulìco”; giungo nel barrio del carmen, entro in stazione e salgo sul treno. Avverto ancora le emozioni provate in quelle due ore e mezzo di viaggio che mi separano dall’aeroporto di Valencia: saluto Murcia, una città che racchiude ogni aspetto che contraddistingue lo spirito della Spagna; una città a grandezza d’uomo, completa di arte, folklore e paesaggi di ogni genere, anche bizzarri; un luogo in grado di soddisfare i desideri di ogni sorta di visitatore ed in cui ho lasciato il cuore.