Chi di noi non è mai stato dentro un museo archeologico? Sarà capitato a tutti, almeno una volta nella vita, di visitarne uno in una gita scolastica, con la famiglia o con qualche amico. Alle volte si entra in quei luoghi e si rimanere ammaliati dal realismo delle statue greche come i bronzi di Riace, o dalle bellissime linee del marmo scolpite dai maestri latini e custodite nei musei capitolini. La mostra Rosso Immaginario ha però qualcosa di differente…
Il tempo scorre veloce tra le grandi bellezze del passato, finché non si raggiungono quelle vetrine piene di “cocci” e l’attenzione ci inizia a calare; sembra quasi di passarci in mezzo per inerzia, dando un’occhiata veloce qui è lì, pensando che alla fine sono tutti uguali e non hanno nulla da raccontare.
Eppure, alla mostra Rosso Immaginario i reperti ceramici ne hanno di cose da raccontare, e saranno loro a farlo! No, non occorrono incantesimi e magie, nel Museo Archeologico Nazionale del Sannio Caudino, situato all’interno dell’antico castello di Montesarchio (BN), grazie alla moderna tecnologia le figure rosse dipinte sui vasi prenderanno vita.
Meglio correggersi subito, il cratere non è comune vasellame, ma un grande recipiente a vernice nera e figure rosse che si utilizzava durante il Symposium, il momento che concludeva il banchetto aristocratico accompagnato dal vino dove, oltre a giochi e danze, si discuteva di politica e filosofia. Proprio il cratere aveva un ruolo centrale nel simposio: al suo interno veniva mesciato il vino con l’acqua (all’epoca troppo forte per essere bevuto puro), che doveva favorire la conversazione e renderla più piacevole; in fondo lo facciamo ancora al giorno d’oggi: non mi dite che non avete mai bevuto un bicchiere in più per rendere digeribile la cena con la suocera.
Grazie all’aiuto di proiettori e altoparlanti, filmanti ed effetti speciali (minimapping), le scene raffigurate sui crateri rivivono di nuova luce sotto i nostri occhi, raccontandoci gli antichi miti che accompagnavano i nostri antenati. Ogni cratere racconta una storia diversa e, nel suggestivo percorso della mostra, per ascoltarle bisogna entrare nelle antiche celle borboniche.
Il poco spazio non è un problema, tutt’altro, si crea un profondo rapporto di intimità: la voce nella cella quasi riecheggia all’interno del cratere, sembra lui il narratore che utilizza le figure rosse dipinte sul suo corpo per raccontare la sua storia: l’immobile diventa mobile, passato e presente si fondono immergendosi tra mito e leggenda.
Sembrerà quasi di aiutare Triottolemo a diffondere i segreti dell’agricoltura sotto la protezione di Demetra, di cospirare contro Clitemnestra e placare la sete di vendetta con Elettra ed Oreste o di festeggiare il ritorno di Efesto all’Olimpo, accolto da tutti gli dei.
Le parole non possono descrivere lo stupore che può fare la tecnologia unita all’archeologia, dei miti del passato con le avanzate meraviglie del presente, la si può solo vivere, purtroppo entro il 31 Gennaio 2015, ultimo giorno della mostra Rosso Immaginario.
Forse, dopo aver scoperto i miti avvincenti che ogni vaso antico può raccontare, cercheremo di ascoltare le storie che si celano dietro quelle figure dipinte immobili nel tempo, ma che ormai con la nostra immaginazione prenderanno vita, anche senza l’aiuto di sofisticate tecnologie.